Per fare accertamenti in un ospedale specializzato di Marsiglia, Antonio e suo padre si ritrovano da soli e costretti a parlare come non hanno mai fatto. Scoprono così di essere più simili di quanto pensino.
Le tre del mattino è una storia molto semplice: un padre e un figlio che si conoscono poco, solo in superficie, e si ritrovano a dover riempire quarantotto ore senza dormire – quanto possono essere lunghe quarantotto ore se c’è un’incomunicabilità evidente tra due persone? Eppure, passando da futili discorsi, arriveranno a mettersi completamente a nudo creando qualcosa di magicamente tenero.
In seguito alla separazione dei suoi genitori, Antonio ha messo un muro tra lui e suo padre, accusandolo di aver abbandonato lui e sua madre per un’altra vita, presumibilmente per un’altra donna. Da qui un’infinità di silenzi, di ostilità, di recriminazioni taciute per tanti anni, ma covate nel profondo. Adesso che Antonio è diventato l’uomo di casa, sente di avere il compito di difendere la propria madre da tutto, ma anche dal marito che le ha spezzato il cuore.
Un chiaro esempio di complesso di Edipo, verrebbe da dire, tanto più che per un ragazzo di 17 anni, in piena adolescenza, il confronto (e a volte lo scontro) con la figura paterna è un percorso obbligato.
Poi arriva quel viaggio a Marsiglia, che si trasforma in un’avventura inaspettata per conoscersi, per parlare di tutto (anche di argomenti che un padre e un figlio non sono soliti affrontare) e per scoprirsi più simili di quanto entrambi pensino. Ma soprattutto gli equivoci vengono chiariti e certi tasselli del passato tornano al posto giusto, ridando un senso alle cose.
E se pure ho storto un po’ il naso per le confidenze e l’intimità che i due hanno raggiunto, arrivando a raccontarsi le prime esperienze sessuali, mi sono detta che in quel particolare contesto, lontani da casa e dalle rispettive vite, un padre e un figlio possono uscire dai loro ruoli e mettere in piedi un rapporto di confidenza più simile all’amicizia che al rapporto genitore-figlio.
In una situazione così fuori dagli schemi i due protagonisti sono in tutto e per tutto due adulti che si calano le maschere e si mostrano per quello che sono, con le insicurezze e le delusioni che hanno dentro. Ma soprattutto è notevole l’insegnamento che il padre cerca di trasmettere al figlio riguardo alla futilità di certi aspetti banali del quotidiano, a scapito dei valori veri che danno un senso alla vita di ciascuno. E a questo proposito Carofiglio non usa frasi ad effetto di sicuro impatto sul lettore, ma prende in prestito le parole del poeta greca Kavafis:
E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole in un viavai frenetico.
Non sciuparla portandola in giro
in balia del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.
E non è un caso che quel viaggio sarà anche il trampolino di lancio da cui Antonio spiccherà il volo verso l’età adulta, arricchito da esperienze personali e conoscenze nuove (la matematica e il jazz, in primis).
Mentre leggevo questo libro non mi capacitavo del grande successo riscosso in pochi mesi dalla sua uscita: lo ammetto, il mio era un entusiasmo tiepido. Sì, è scritto bene – mi sono detta –, con quella sobrietà stilistica che è propria di Carofiglio. Ma la trama non è poi così originale, e inevitabile è stato il confronto con Gli sdraiati di Michele Serra (il quale legge questa incomunicabilità tra padre e figlio in chiave umoristica, quasi caricaturale).
Eppure, non so a che punto preciso del romanzo, ho cominciato a sentire un groppo in gola, e quel groppo me lo sono portato dietro fino all’ultima riga.
Insomma, in qualche modo questa storia semplice si è fatta largo e ha incrinato il mio scetticismo.
One thought on “Le tre del mattino”
Credo di aver avuto la stessa vita dei due protagonisti. Ora alla mia anziana età e matura quella di mio figlio, credo di essere ancora ancora nella stessa situazione di 30 anni fa. Due quasi sconosciuti. Mi dispiace infinitamente ma non so come muovermi. Mi distrugge il pensiero di andarmene senza aver risolto niente, neanche in parte. Cordialmente.