Durante una vacanza in Bolivia, Omri conosce una giovane coppia in luna di miele e rimane colpito da Mor, donna loquace e vitale, che andrà a trovare poco tempo dopo la morte del marito. Il dottor Caro, primario di chirurgia, prova un’attrazione particolare per la specializzanda Liat e questo sentimento lo porta a ripensare ad una scelta fatta tanti anni prima. Heli e Ofer hanno l’abitudine di andare a camminare nel frutteto ogni sabato mattina, ma un giorno Ofer scompare nel nulla ed Heli cerca la causa di quella scomparsa nella loro vita matrimoniale.
Le vie dell’Eden è l’ultimo splendido romanzo dello scrittore israeliano Eshkol Nevo, uno che libro dopo libro ha dimostrato di saper indagare con tagliente sagacia nella psiche dei suoi personaggi, mettendoli a nudo nelle loro bassezze e ipocrisie.
Crisi matrimoniali, vedovanza, tradimenti. Ma anche amore verso i figli, ai quale si vuole impedire di soffrire, per i quali si prendono decisioni importanti e si è disposti a qualsiasi rinuncia, anche alla propria felicità.
Il mondo si divide in due gruppi di persone: chi ha figli. E chi non ne ha.
Solo una che non ha figli può chiedere a uno che ne ha di assumersi un rischio del genere per lei.
Questi sono i temi cari allo scrittore che, dopo Tre piani, torna a intrecciare le vicende personali dei suoi personaggi con i grandi temi che interessano gli uomini di ogni tempo e di ogni cultura.
In un momento di apparente calma tre persone si ritrovano a vivere un incubo: sono accusati di aver commesso qualcosa di atroce e, seppur innocenti, hanno comunque qualche responsabilità in merito all’accaduto. Così si cerca a ritroso il motivo per cui si è arrivati alla rottura dell’equilibrio e si indaga sulla possibilità che un incidente sia in verità un omicidio; che le attenzioni paternalistiche di un mentore debbano essere etichettate come abuso sessuale; che dietro a una vita serena e tranquilla si celano anni di infelicità trattenuta. È cercando di rispondere a queste domande che si insinua il dubbio, che si cerca un nuovo modo di ricostruire la realtà e di reinterpretarla.
Per ciascuno dei tre protagonisti e narratori è il momento della resa dei conti, quasi una confessione in cui vengono a galla rimorsi, rimpianti e frustrazioni represse per anni, in cui inevitabilmente si cerca il perdono per una colpa che non si era consci di aver commesso. Ed è proprio il senso di colpa ad unire i tre personaggi con un unico filo conduttore.
In questa nuova ottica si potrebbe riscrivere il senso stesso della storia di tutti i partecipanti agli eventi e forse le vittime non sono poi così innocenti. Nel Talmud si dice che una volta entrati nel giardino dell’Eden solo un uomo su quattro ne esce incolume, e con ogni probabilità nessuno dei personaggi di Nevo può dirsi certo di essere quel sopravvissuto.
Completamente buoni e cattivi si è solo nei film di Hollywood. Le persone vere sono sia una cosa sia l’altra.
Come in Tre piani, le tre storie che compongono questo romanzo vanno ad inquadrare luci e ombre della vita matrimoniale. E se nella struttura si assomigliano parecchio, mi aspettavo che anche qui nella terza parte si annodassero meglio le tre vicende; invece c’è solo un sottile legame che li unisce, pochissimi riferimenti a dire il vero abbastanza trascurabili.
Ma è il finale la nota a mio parere più negativa, un finale troppo surreale e onirico che poco si confà allo stile del Nevo dei romanzi precedenti. Lui che è sempre così ancorato alla realtà, che si infiltra nelle crepe più nascoste della vita interiore dei suoi personaggi, ha scelto per questa sua ultima opera una conclusione che è a metà tra il sogno e la rivelazione allucinogena.
Ad ogni modo, con grande maestria stilistica e con una immediatezza che rende la narrazione fluida e scorrevole, Nevo costringe a levarsi la maschera e a spogliarsi delle infrastrutture mentali menzognere che raccontiamo agli altri, ma in primis a noi stessi.