Dopo un’infanzia trascorsa sotto l’occhio vigile della madre, la Annie D. del ’58 è piena di voglia di vivere, di uscire, di ubriacarsi, di flirtare, di fare l’amore, di mischiarsi al clangore della vita collettiva, ma la riuscita dei suoi tentativi non è poi così scontata…
Memoria di ragazza: inizia qui la mia personale conoscenza della scrittrice Annie Ernaux, da questo episodio della sua vita che lei stessa definisce “il testo mancante, sempre rimandato”, “il buco inqualificabile”. Sono sempre un po’ scettica quando sulla quarta di copertina leggo “una delle voci più autorevoli della letteratura contemporanea”, definizione abusata che in più occasioni mi ha trovato discorde. Eppure devo riconoscere che la Ernaux è davvero brava, incisiva e caustica, e il suo stile è sofisticato ed elegante.
L’autrice cerca di ripercorrere gli anni dell’adolescenza, in quel delicato momento in cui una ragazza diventa a tutti gli effetti una donna. Finalmente libera dal provincialismo bigotto della sua famiglia e delle suore da cui ha studiato, ha sete di libertà, di indipendenza, di sentirsi parte di qualcosa (se pur con scarsissimi risultati). Adesso la ragazza della colonia è libera di innamorarsi di un uomo fatto e finito che non la ama, che non la rispetta, che la usa per i suoi bisogni sessuali. Ma saranno proprio i sentimenti verso quest’uomo e il bisogno di perfezionarsi agli occhi di lui a segnare i suoi anni futuri: l’amenorrea e la bulimia l’accompagneranno per molto tempo.
Il resoconto dei fatti è abbastanza semplice, eppure è come se la scrittura non riuscisse a cogliere la complessità della situazione: la Ernaux ha un’evidente difficoltà nel dar voce alla se stessa di cinquant’anni prima, come se ci fosse un conflitto tra memoria e scrittura (forse simile alla reticenza di chi, scrivendo un diario, cerca di spiegare senza dire troppo o troppo poco). Più volte in queste pagine l’autrice torna sulla difficoltà di trasformare le immagini in parole, oltre a chiedersi quale sia il senso di questo percorso a ritroso, quasi sperasse in un ricongiungimento tra la Annie di allora e quella del 2014 (anno in cui inizia la stesura del libro).
Mi domando cosa possa significare che una donna si metta a ripercorrere scene risalenti a più di cinquant’anni prima alle quali la sua memoria non può aggiungere nulla di nuovo. Quale convinzione la sostiene, se non quella che la memoria sia una forma di conoscenza?
La sua difficoltà sta nel riportare a galla i sentimenti, non solo i fatti, e l’attendibilità del ricordo può essere compromessa dalla memoria, fallace e soggettiva, laddove la Ernaux tenta di afferrare l’oggettività della ricostruzione. Non è un caso, a questo proposito, che l’autrice parli della se stessa adolescente in terza persona, cercando, con questo distacco, di analizzare la ragazza del ’58 senza pregiudizi, senza accuse, senza giustificazioni, senza abbellimenti.
Memoria di ragazza è un libro complesso che richiede molta attenzione per cogliere ogni parola e ogni riferimento alla cultura di quel tempo (in particolar modo alla scrittura di Simone de Beauvoir, probabile ispiratrice dell’opera omnia della Ernaux).