Concita De Gregorio si fa portavoce della storia di Irina Lucidi, la mamma di Losanna a cui una domenica del gennaio 2011 l’ex marito Mathias ha sottratto le figlie Alessia e Livia. Per cinque giorni l’attesa e poi il tragico epilogo.
Mi sa che fuori è primavera non è propriamente un romanzo biografico in senso stretto. I fatti, quelli tristemente noti alla cronaca ci sono sì, ma sono solo accennati. Un padre prende le figlie e parte; cinque giorni dopo si suicida a Cerignola, in Puglia, gettandosi sotto un treno. Delle bambine non ci sono tracce, solo un messaggio alla madre che fa presupporre il peggio: “Le bambine non hanno sofferto, non le vedrai mai più”.
Un caso irrisolto che per giorni è stata la notizia di apertura di tutti i notiziari, dei quotidiani, dei talk show. Tutti ne parlavano; ognuno diceva la sua su cosa fosse successo alle due bambine di Losanna, Alessia e Livia.
Questo libro racconta i sentimenti di una madre rimasta orfana delle sue figlie; racconta le difficoltà di avere una vita normale, di essere di nuovo felice, di tornare ad amare, anche se niente sarò più come prima. Irina non dimentica ma continua a vivere, serbando nel cuore la speranza che un giorno potrebbero riportarle indietro le sue bimbe.
Ma quello che salta agli occhi in questo resoconto – e che francamente fa indignare quasi quanto il fatto stesso – è la superficialità con cui sono state condotte le indagini. Quante mancanze. Quanti errori.
E ancor più grave è l’indifferenza di chi le bambine le conosceva e le amava. Mentre gli occhi di tutta Europa erano puntati su quella tragica vicenda, con il cuore stretto di pena per una madre che attende e attende ancora che qualcosa salti fuori, dov’erano la tata che le ha cresciute, i familiari del padre, la maestra delle piccole? Un velo di omertà che ha dell’inquietante e fa pensare che qualcuno sa ma non parla.
Di queste verità è Concita De Gregorio la depositaria scelta appositamente da Irina. La sua voce si alterna alle lettere – quelle alla nonna sono di una tenerezza struggente –, agli elenchi, alle considerazioni di Irina stessa.
Mi sono sentita tanto in colpa di essere di nuovo felice, nonna. Era come se tutti mi dicessero: come puoi dimenticare, come puoi lasciarti indietro quello che ti è successo, come puoi partire per una vacanza, bere un bicchiere di vino, amare un uomo, farti amare nel piacere, dormire dopo. Come puoi essere ancora viva , insomma, e aver voglia di stare ancora nel mondo. Hai dimenticato le bambine? Vergognati. È come se mi dicessero che sono morta anche io, ed è uno scandalo che mi ribelli.
Ma io sono viva nonna, il dolore da solo non uccide e io sono viva. Dunque devo vivere, perché finché ci sono ci sarà il ricordo di chi non è più con noi.
È vero, la rinascita di questa donna non lascia indifferenti, soprattutto noi italiani: è nei nostri geni essere nostalgicamente ancorati a chi non c’è più, farci inondare dai ricordi e, spesso, tenere gli occhi puntati sul passato più che sul futuro. Ma lei, Irina, ha trovato la serenità ed è giusto che sia così.