La protagonista, Callie, racconta in prima persona la storia della sua famiglia per arrivare a spiegare come, a quattordici anni, ha la conferma di quanto già intuito: non è una ragazzina come tutte le altre. E, da quel momento, non potrà più mentire a se stessa e inizierà ad essere Cal.
Vincitore del Premio Pulitzer nel 2003, Middlesex è un romanzo sulla definizione di sesso e di genere. Cosa rende ciascuno di noi maschi o femminine? La biologia o il bagaglio culturale che abbiamo accumulato dal giorno della nascita?
Per rispondere a questa domanda, il romanzo ripercorre le vicende di tre generazioni della famiglia Stephanides, andando a cercare la causa della malformazione che rende il protagonista fuori dal normale. E si parte dal lungo viaggio che ha portato i nonni Desdemona e Lefty lontano da una Smirne in fiamme nel 1922 per farli approdare in un’America dalle promettenti speranze. Si passa poi a Tessie e Milton, anch’essi guidati dalle ragioni del cuore, che si ritrovano a dover lasciare una Detroit in rivolta per andare finalmente a mettere radici a Middlesex. Ed eccola Callie, che di quel “Middlesex” potrebbe essere la mascotte, l’emblema più calzante: né uomo né donna, ma entrambe le cose insieme.
Sono nato due volte: bambina, la prima, un giorno di gennaio del 1960 in una Detroit straordinariamente priva di smog, e maschio adolescente, la seconda, nell’agosto del 1974, al pronto soccorso di Petoskey, nel Michigan.
I personaggi sono tutti delineati magistralmente, ma è con il personaggio di Cal/Callie che l’autore fa un lavoro sopraffino. Una figura tratteggiata a tutto tondo, con le debolezze del suo essere femminile e i desideri amorosi e le pulsioni sessuali della parte virile.
Cal è un personaggio indimenticabile, con cui si crea da subito un legame di compassione e di compartecipazione per il senso di inadeguatezza, i dubbi, lo sconcerto e la sofferenza personale che accompagnano le tappe della presa di coscienza di sé. Mentre Callie osserva e studia il suo “croco”, il lettore è lì, pronto a darle manforte; mentre il Cal adulto è restio a legarsi stabilmente con una donna, il lettore è sempre lì, a incoraggiarlo a buttare giù la maschera.
Oggi mi sono reso conto di non essere avanti come pensavo. Scrivere la mia storia non è il coraggioso atto liberatorio che mi ero augurato. Scrivere è un atto solitario e furtivo, e io sono un esperto di solitudine e segretezza. Sono un esperto della vita sotterranea.
A voler fare le pulci a questo romanzo indiscutibilmente riuscito, è il finale a non avermi convinto appieno: troppo frettoloso nel chiudere la faccenda sull’accettazione della nuova fisicità di Callie ma anche nel risolvere la vita amorosa del Cal ormai maturo. Forse questa è solo l’impressione di chi vorrebbe che il libro non finisse, ma è come se 606 pagine non bastassero a soddisfare la sete di saperne di più. Sta di fatto che, girata l’ultima pagina, se ne sente dolorosamente la mancanza e si ha l’impressione di non aver avuto il tempo di accomiatarsi a dovere da questa figura ambigua.