Enaiatollah Akbari ha solo nove anni (forse) quando è costretto a scappare dalla guerra in Afghanistan, lasciando la madre e i fratelli. Arrabattandosi come meglio può per sopravvivere, affronta un viaggio lungo e pericoloso alla ricerca della libertà.
Nel mare ci sono i coccodrilli è una storia emozionante, vera, commovente, raccontata attraverso i ricordi di un ragazzino cresciuto troppo in fretta, con una lievità che è propria solo di un cuore puro. Fabio Geda si presta ad essere la penna di questo racconto: con uno stile asciutto e fluido, lascia che siano i fatti a parlare. Non c’è una sola riga del libro che sia fintamente lacrimevole o che sia caricata al solo fine di strizzare l’occhio al lettore. Anzi, è vero semmai che affronta certi temi con leggerezza e che qua e là strappa anche un sorriso.
Un’odissea che vede un ragazzino abbandonare l’Afghanistan e attraversare il Pakistan, l’Iran, la Turchia e la Grecia fino a trovare rifugio (e una famiglia) in Italia. La storia di una fuga da un Paese in guerra, di un abbandono per amore, di un viaggio verso la vita. E alla fine un approdo…
“Come si fa a cambiare vita così, Enaiat? Una mattina. Un saluto.
Lo si fa e basta, Fabio.
Una volta ho letto che la scelta di emigrare nasce dal bisogno di respirare.
È così. E la speranza di una vita migliore è più forte di qualsiasi sentimento. Mia madre, ad esempio, ha deciso che sapermi in pericolo lontano da lei, ma in viaggio verso un futuro differente, era meglio che sapermi in pericolo vicino a lei, ma nel fango della paura di sempre.”
Enaiatollah Akbari è uno dei tanti che ha attraversato il mare su un gommone rattoppato – in un mare dove non ci sono coccodrilli, ma onde giganti pronte a strapparti la vita, sì.
E poi il lieto fine. È bello pensare ad un’Italia dove un ragazzino ormai cresciuto trovi ospitalità, la libertà e soprattutto una famiglia che lo accudisce e lo ama senza chiedere niente in cambio.
La domanda mi sorge spontanea: quanti, oggi, sarebbero disposti ad aprire la propria casa e il loro cuore a uno dei tanti profughi sbarcati sulle nostre coste per sfuggire alla morte? Pochi, davvero pochi. Eppure qualcuno di “noi” l’ha fatto e quel bambino oggi è diventato uomo… un uomo italiano.
Perché consiglio di leggere questo libro? Perché è una storia dura ma anche profondamente positiva e piena di speranza per un’umanità che può ancora essere migliore, perché nella vita – in qualunque vita – si può e si deve rincorrere la felicità.