Il poeta turco Ka, esule in Germania, torna a Kars per scrivere un articolo sulla serie di suicidi di giovani donne che imperversa nella città. Qui ritrova una compagna dell’università da poco separata dal marito e, per amore di lei, cercherà di mettere pace tra le potenze politiche in gioco.
Senza tanti giri di parole, la prima cosa da dire di Neve è che è un romanzo complesso, di quelli dove andare avanti pagina dopo pagina può essere arduo (e per me, che sono al primo incontro con lo scrittore premio Nobel Orhan Pamuk, è stato davvero arduo). Un romanzo dove, nell’immobilità di una città bloccata dalla neve, si muove il protagonista Ka in cerca della verità sul caso delle giovani donne suicide.
– Certamente in tutti i suicidi il vero motivo è l’orgoglio. Perlomeno, le donne si uccidono per questo!
– Per l’orgoglio ferito nell’amore?
– Non vuoi proprio capire! – disse Kadife. – Una donna si uccide non per l’orgoglio ferito, ma per dimostrare quanto è orgogliosa.
– Le tue amiche si sono uccise per questo motivo?
– Non posso parlare a nome loro. Ciascuna ha il suo motivo. Ma ogni volta che penso di uccidermi, sento che anche loro hanno pensato come me. Il momento del suicidio è quello in cui le donne capiscono meglio che sono sole, e sono donne.
Nel libro, il tema centrale è lo scontro tra due modi di interpretare la religione: da una parte il fondamentalismo islamico, con i suoi dogmi e le sue restrizioni, dall’altra una visione più moderata e “occidentalizzata” di vivere la fede. Lo stesso Ka entra in un vortice di incertezza, passando a più riprese dal sentirsi moderatamente credente al perdersi in un’estasi di vicinanza con Allah.
Questa dicotomia religiosa viene tutta incentrata sulla questione del velo (motivo per cui alcune ragazze si sono tolte la vita), e la tragicità della scena in cui Kadife è disposta a scoprirsi il capo per amore è palpabile e di forte impatto emotivo.
Ecco, è su queste tematiche che si dipana il romanzo, mentre la storia d’amore tra il protagonista e la bella Ipek (storia di cui invece si parla in quarta di copertina) resta un po’ sfocata sullo sfondo di questo scenario apocalittico.
Pamuk, che di questa storia non è solo il narratore ma un personaggio secondario che segue le tracce del suo amico Ka attraverso le strade deserte e le sale da tè della città di Kars, non perde occasione di tanto in tanto di anticipare gli eventi, avvenuti quattro anni prima. Così facendo, noi lettori veniamo a conoscenza della sorte del protagonista ancor prima che la narrazione segua il corso lineare degli avvenimenti.
Come ho detto, Neve è il primo libro che leggo dell’autore turco e devo dire che mi aspettavo qualcosa di più. A volte la narrazione è così lenta e i passaggi della storia così ridondanti che ho più volte perso il filo. Il povero Ka entra e esce dalle sale da tè, dall’albergo, dai locali in cui si nascondono gli esponenti più pericolosi del fondamentalismo islamico, e tutto ciò come sospinto da una forza esterna alla sua stessa volontà. In nome dell’amore? In nome della religione? In nome della verità? Troppo spesso appare come un personaggio poco convinto e con una personalità facilmente malleabile, tant’è che si muove come un burattino nelle mani di chi ha più potere su di lui (Ipek, Blu, Muhtar).
Leggere questo libro è stato per me un’altalena di emozioni, tra pura curiosità per un mondo così lontano dal nostro e momenti di calo dell’attenzione che mi hanno spinta a saltare qualche paragrafo.