Andre è un ragazzino incredibilmente portato per il tennis e, pur non amando questo sport, è costretto a praticarlo da un padre prepotente e possessivo. Eppure, anche quando ha l’opportunità di tirarsi indietro, va avanti per la sua strada diventando un campione assoluto e un’icona per molti suoi successori.
Innanzitutto è doveroso precisare che Open. La mia storia non è un libro sul tennis né che è indirizzato unicamente ad un lettore appassionato di questo sport. Io, per esempio, neanche sapevo chi fosse Andre Agassi – beata ignoranza – né ho mai seguito una partita per intero. Eppure ho trovato che la sua storia sia degna di essere raccontata.
Open. La mia storia è un’autobiografia ma si legge come un romanzo di formazione dove un ragazzino di appena sette anni diventa l’uomo più popolare nel panorama sportivo degli anni Novanta e questo grazie alla sua tecnica, al duro lavoro e ad una caparbietà che lo spinge ad andare avanti anche quando tutto fa presagire che è arrivato al capolinea.
Odio il tennis, lo odio con tutto il cuore, eppure continuo a giocare, continuo a palleggiare tutta la mattina, tutto il pomeriggio, perché non ho scelta. Per quanto voglia fermarmi, non ci riesco. Continuo a implorarmi di smettere e continuo a giocare, e questo divario, questo conflitto tra ciò che voglio e che effettivamente faccio mi appare l’essenza della mia vita.
Oltre al tennis, quello che viene snocciolato a dovere in queste pagine è il rapporto spesso controverso o addirittura ostile che il tennista ha con i genitori – soprattutto con quel padre-padrone che lo ha assillato fin da piccolo –, con il suo manager, con i colleghi, con le donne e con i tifosi. E da questo quadro, Andre non è che ne esca propriamente alla grande, non è il tipico ragazzo perbene per cui si prova simpatia “a pelle”. Anzi, verrebbe da assestare due sonori ceffoni su quella faccia da schiaffi, tanto è arrogante e irriverente. Ma è pur vero che mostra un lato talmente umano che non si può non parteggiare per lui, tanto sul campo quanto nella vita privata.
E alla fine la fiducia che il lettore ripone in lui viene ampiamente ricompensata, perché il ragazzino sfacciato e pieno di rabbia riesce a diventare l’uomo a cui si ispireranno milioni di giovani tennisti in erba e un padre di famiglia amorevole e protettivo.
Dico ai tennisti: Sentirete un sacco di applausi in vita vostra, ragazzi, ma nessuno sarà tanto importante per voi quanto l’applauso… dei colleghi. Spero che ciascuno di voi lo senta, alla fine.
E poi, non meno importante la scrittura: fluida e scorrevole, procede senza intoppi rendendo chiare anche a chi come me non è pratico di tennis le regole del gioco – e qui un plauso va allo scrittore J.R. Moehringer, che ci ha messo lo zampino. In definitiva, un gran bel libro!