Isabel è al capezzale di sua figlia Paula in stato di coma irreversibile quando scrive questa lunga lettera, un resoconto completo della sua vita. Il passato si mescola quindi ad un presente fatto di attesa, l’attesa che allontanerà per sempre una madre da sua figlia.
Dopo tanti anni dall’ultimo romanzo che ho letto di Isabel Allende sono tornata ad una scrittrice a cui devo tanto: se sono una lettrice compulsiva un bel po’ del merito va a La casa degli spiriti, uno dei primi libri che ho amato alla follia.
Avevo cercato quel pathos in altri suoi romanzi: Eva luna, La figlia della fortuna, Ritratto in seppia; La città delle bestie e Ines dell’anima mia ma senza successo. Qualcosa tra me e la Allende aveva smesso di girare per il verso giusto. Per cui ho pensato bene di prendermi una pausa.
Quando ho comprato Paula sapevo bene o male a cosa andavo incontro: una storia straziante, un dialogo di una madre disperata alla figlia che è lì, che può accarezzare, ma che di fatto non è più di questo mondo.
Un libro commovente che ti porta dentro a quel dolore, che ti fa sentire il suono monotono del respiratore e l’odore pungente del disinfettante nell’ospedale. Non riesco a fare un commento lucido di questa parte del libro. Chiunque abbia provato l’esperienza di perdere qualcuno in una stanza d’ospedale sa di cosa parla la Allende, e difficilmente riuscirà a rimanere indifferente di fronte a una descrizione così realistica che quasi la si può toccare.
Un giorno in più di attesa, uno in meno di speranza. Un giorno in più di silenzio, uno in meno di vita. La morte vaga per i corridoi e il mio compito è di distrarla perché non trovi la tua porta.
Ma questo libro non è solo la storia del dolore insopportabile di una madre. C’è molto di più. Isabel Allende racconta a sua figlia – e quindi a noi lettori – le vicissitudini della sua vita, dall’incontro dei suoi genitori (un padre inesistente e una madre appassionata e passionale), al suo rapporto con il nonno (che per tutto il libro per me era Jeremy Irons come l’Esteban Trueba del film La casa degli spiriti). Poi ancora i suoi amori e i suoi figli… e su tutto il peso incombente della Storia.
Insomma in queste pagine ho ritrovato tutta la carica emotiva del suo primo romanzo e credo di poter dire che mi sono riconciliata con questa scrittrice! Vorrei chiudere con la citazione sulla quarta di copertina, un messaggio positivo e di speranza che non sempre è facile comprendere quando si è sommersi dal dolore:
Non esiste separazione definitiva finché esiste il ricordo.