Chiara è stata lasciata dal marito ed è costretta a reinventarsi, a guardarsi dentro e a capire cosa conti veramente nella sua vita. Per aiutarla a uscire dal suo buco nero, la sua analista le consiglia un gioco: ogni giorno, per un mese, dovrà dedicare dieci minuti a qualcosa di nuovo, qualcosa che non ha mai fatto prima.
Prima esperienza con Chiara Gamberale e questo Per dieci minuti non mi ha convinto affatto.
Si diventa così sordi, quando la paura di perdersi supera la voglia di trattenersi…
La protagonista, per dieci minuti al giorno, smette di pensare al suo dolore e si concentra su altro, sulle condizioni degli altri intorno a sé, sulle piccole gioie e sulle infine possibilità che la vita offre. Trenta giorni per dieci minuti… ma io al tredicesimo giorno (o capitolo) già non ne potevo più di quell’elenco di prime volte.
Non che l’idea non fosse buona, anzi. Lo spunto di rivedere anche la propria di vita alla luce di quanto letto in effetti lo trasmette. Anche se non si è lasciati dal marito, anche se non si sta vivendo una crisi esistenziale, molto si potrebbe, o si dovrebbe, fare per rendere ogni giornata un pochino speciale, un pochino unica, un pochino più viva.
Ma se in alcuni capitoli che scandiscono il mese di “terapia” della protagonista si può ravvisare qualche perla di saggezza, in molti altri non ho trovato nulla di meritevole di nota. Un elenco, niente più che un banale elenco di attività mediocri. Assistere alla laurea di una sconosciuta, camminare al contrario, rubare, andare su youporn, farsi baciare da un uomo sposato… davvero sono questi degli espedienti per capire cosa non funziona nella tua vita e come uscire da una quotidianità non più soddisfacente?
E poi non è che ne esca benissimo la Chiara del romanzo se è grazie ad un giochetto che si ferma ad ascoltare veramente sua madre, per la prima volta in 36 anni!
Per quanto riguarda lo stile, devo dire che la scrittura è lineare sì, ma quasi infantile. E anche la trovata dei capitoletti brevi non l’ho trovata granché riuscita: la storia è come se procedesse a singulti, senza una reale continuità, come se ispezionasse frammenti di vita, e non una vita compiuta.
Certo, sto scoprendo che le persone smarrite hanno un istinto eccezionale per trovarsi fra di loro, facendo lo slalom attraverso le famiglie felici, le coppie che funzionano, quelle che non funzionano più ma comunque vanno avanti, le loro abitudini del weekend.
Dubito che questo libro possa essere di qualche aiuto a chi sta attraversando un periodo difficile, per me non è né più e ne meno di una favola, di quelle buone, di quelle che fanno ben sperare… ma niente più che una favola!