Il vicequestore Giovanna Guarrasi è incaricata di fare luce sul ritrovamento di un cadavere che da quasi sessant’anni giace in un montacarichi abbandonato. Questa scoperta non può che riaccendere i riflettori sull’uccisione di Gaetano Burrano, facoltoso uomo che aveva rapporti con la mafia locale.
Sabbia nera è un romanzo di Cristina Cassar Scalia riconducibile al genere del giallo italiano ed è il primo di una serie che promette di appassionare i fan dei vari De Cataldo, De Giovanni e Lucarelli.
Giovanna Guarrasi, per tutti Vanina, è il vicequestore di Catania e, pure essendo giovanissima, è un’esperta nel suo lavoro con un curriculum che farebbe impallidire non pochi colleghi.
Quello creato da Cristina Cassar Scalia è un personaggio che indubbiamente suscita simpatia nel lettore perché non è solo intelligente e arguta nel trovare cosa non quadra sulla scena del crimine, ma è anche una donna che ha avuto il coraggio di fare scelte difficili, scelte di cui ogni giorno paga le conseguenze. Sì, perché Vanina ha un passato tormentato: è stata testimone di due sparatorie una delle quali le ha portato via il padre, l’altra per un pelo non ha ucciso l’uomo che ama (e che è salvo grazie a lei).
Il caso su cui sta lavorando è legato al ritrovamento di un corpo mummificato da tempo, quello di una donna vissuta più di cinquant’anni prima e scomparsa in circostanze sconosciute. Il fatto riporta l’attenzione su un altro omicidio che all’epoca aveva fatto scalpore e per cui un uomo è stato condannato e ha già scontato la pena. Per risolvere il caso il vicequestore potrà contare sull’aiuto del suo entourage ma soprattutto della strabiliante memoria del commissario Patanè, in pensione ma ancora arzillo.
C’era qualcosa che rendeva quel ritrovamento più interessante di qualunque omicidio comune di cui si fosse occupata negli ultimi tempi. Forse era lo scenario insolito, come aveva detto Adriano, da set cinematografico; o magari si trattava di pura e semplice curiosità per uno di quei casi singolari in cui era nota per sapersi barcamenare, ma che difficilmente le capitavano sottomano. O forse era il bisogno costante di riempire le giornate e la mente a renderla incapace di abbandonare il suo ritmo serrato anche quando le circostanze non lo rendevano necessario.
Una storia intricata che però la Scalia riesce a maneggiare bene depistando il lettore e dipanando un groviglio di risentimenti che hanno origine in un lontano passato ma che dissemina ancora odio e, soprattutto, tracce di sangue.
Di certo però la caratteristica più interessante del romanzo mi sento di dire che non è l’indagine in sé, ma la costruzione intorno ai personaggi, la loro caratterizzazione accurata che li rende già dalle prime battute riconoscibili al lettore. E non è trascurabile neanche la centralità dell’ambientazione dove la Sicilia, in particolar modo Catania, diventa essa stessa protagonista, con i suoi intercalari, i suoi piatti tipici, il sole accecante e quella sabbia nera che il vulcano sparge ovunque e si deposita su tutte le superfici.
Ammetto però che la scrittura dell’autrice non mi ha entusiasmato, a volte troppo “leccata”, altre prolissa. Ad ogni modo sarà interessante capire come si evolve la saga e se ci sarà un futuro per la protagonista e il suo amato. Inoltre, sono curiosa di sapere come se la cava la Guarrasi alle prese con casi più attuali in cui il fattore tempo è determinante e un errore può determinare la morte di un innocente, di un collega o della stessa paladina della giustizia. Staremo a vedere.