La piccolissima Bliss Rampike è una vera icona del pattinaggio sul ghiaccio e, a soli sei anni, è già una diva con una schiera di fan che la acclama e la vezzeggia. Così, mentre il primogenito Skyler ha deluso le aspettative dei suoi genitori, Bliss porta avanti il loro sogno di gloria. Finché la mattina del 29 gennaio 1997 la piccola viene trovata morta nel locale-caldaia della sua casa…
Sorella, mio unico amore è un romanzo di Joyce Carol Oates ispirato ad una vicenda realmente accaduta negli Stati Uniti che ha avuto e ha tuttora un’attenzione mediatica eccezionale. Un caso quello della piccola JonBenet Ramsey che rimane tuttora poco chiaro e il cui colpevole non è mai stato scoperto. La Oates, dal canto suo, dà una sua personalissima e romanzata visione dei fatti, con lo scopo dichiarato di svelare il marcio che si nasconde dietro alla facciata.
Quando si dice “l’apparenza inganna”. Questa immagina richiama un mondo tutto cotillon e lustrini, un mondo di benessere e di successo. Un’infanzia da sogno si direbbe. Eppure così non è. In queste pagine quasi tutti i bambini e gli adolescenti con cui il protagonista-narratore Skyler entrerà in contatto sono affetti da qualche patologia psicologica (depressione prematura acuta, sindrome ossessivo-compulsiva, sindrome di dissincronia) e sono in cura con antidepressivi, antipsicotici, tranquillanti più o meno blandi. Come se la carenza d’affetto e la mancanza d’attenzione dei genitori potesse essere curata con una semplice pillola.
E Betsey e Bix sono l’esempio lampante di un’ambizione portata alle estreme conseguenze. La caratterizzazione psicologica di questi due personaggi – caricata forse eccessivamente – rende appieno la realtà egoista e perbenista che voleva essere nel mirino della scrittrice.
Betsey, la madre, così desiderosa di stringere amicizia con le persone che contano, di essere invitata nei salotti più chic, di portare la piccola Bliss al successo che lei ha solo sfiorato, è disposta a tutto per ottenere i suoi obiettivi anche se questo significa sacrificare i suoi figli, cieca ai loro bisogni e ai loro desideri.
Betsey era stupita dalla rapidità con cui, nella morte, la sua bellissima figlia sembrava aver raggiunto una fama che in vita non aveva avuto; e dal fatto che anche lei, Betsey, la madre devastata dal dolore, pareva essere ascesa a quel terreno consacrato.
La scrittrice maneggia davvero in modo sopraffino una materia tanto delicata quanto struggente.
Per tanto tempo ho consapevolmente evitato questo libro perché una copertina così pacchiana non mi ispirava affatto. Solo ora, a lettura ultimata, posso dire che mai copertina fu più azzeccata: il rosa shocking sparato a tutta pagina e la bambinetta-barbie che ammicca con quegli occhi sgranati riassume alla perfezione il tema trattato in questo romanzo duro e intenso. Un contrasto tra forma e contenuto perfettamente riuscito!