Con il termine “spillover” si intende il processo con cui un agente patogeno riesce a trasferirsi da una specie ad un’altra, fino ad arrivare all’uomo. Il fenomeno diventa emergenziale quando il virus stesso si propaga da uomo a uomo, moltiplicandosi a ritmi serrati e mutando la sua natura per rendersi ogni volta più invincibile.
Spillover è un saggio dello scrittore americano David Quammen uscito nel 2012 ma divenuto noto al grande pubblico già durante i primi mesi di pandemia da Covid19.
Hendra, Sars, Ebola, AIDS sono solo alcune delle epidemie trattate dall’autore e di queste cita alcuni studi, riporta interviste e mette a confronto i dati più significativi (numero di contagiati, vittime, sintomi registrati, decorso della malattia).
Eppure, nonostante il tema sia delicato l’autore non risulta mai cavilloso nel riportare i dati, motivo per cui la lettura non risulta appesantita da troppi tecnicismi. Sarà perché con la pandemia certi termini – paziente zero, immunità di gregge, tasso di riproduttività (R0), virus a RNA – sono entrati ormai nel nostro vocabolario quotidiano. L’autore cita tantissimi esperti, uomini geniali dediti alla ricerca, infettivologi che per primi hanno curato la malattia rimanendone contagiati e, nel peggiore dei casi, vittime. Anche questa è una vicenda tristemente nota se si pensa al medico cinese che aveva dato l’allarme su un virus nuovo e che è stato ucciso da quello stesso virus, il Covid.
Quammen focalizza l’attenzione sull’interesse degli scienziati nel risalire al paziente zero e all’animale da cui è partita l’infezione; anche questi sono concetti che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi due anni: se per noi profani questi erano dati di poco conto, per i virologi e gli scienziati in genere è il punto di partenza per conoscere la malattia, per curarla e, perché no, per prevenirne una recidiva.
Un altro punto cruciale della ricerca sembra essere la relazione tra trasmissione e virulenza, mettendo in luce il legame tra ecologia ed evoluzione dell’agente patogeno in grado di mutare e di evolversi per assicurare longevità alla propria specie. In parole povere, “non uccidere il tuo ospite” e “non tagliare i ponti prima di averli attraversati”.
Terminate le oltre 500 pagine di questo libro si capisce come la storia dell’infettivologia sia costellata da una serie piuttosto consistente di vicoli ciechi, di errori, di riformulazioni di ipotesi e di improvvisi balzi in avanti; e, nonostante si sia fatto molto, la ricerca è in continua evoluzione.
Quello di Quammen non è un manuale per addetti ai lavori ma un testo esplicativo che possono comprendere tutti; in più usa uno stile semplice che lascia spazio a qualche battuta e motto di spirito che alleggeriscono la pesantezza del tema trattato.
Le conclusioni dell’autore – o per meglio dire del mondo scientifico da cui ha preso informazioni – non sono confortanti. In primis perché nessuno sa quali saranno le conseguenze a lungo termine che il corpo umano riporterà a distanza di anni dal contagio. Ma soprattutto perché la storia ci insegna che i virus tendono a scomparire per motivi ignoti ma possono ricomparire ed essere ancora più aggressivi.
Perché certe strane malattie emergono proprio in quel luogo in quel momento? Accade oggi con maggiore frequenza rispetto al passato? Se sì, perché le nostre azioni ne aumentano l’incidenza? È possibile invertire la rotta o minimizzare le conseguenze, prima di essere colpiti da un’altra devastante pandemia? Ed è possibile farlo senza infliggere una terribile punizione a tutte le altre specie animali infettate con cui condividiamo il pianeta? Le dinamiche sono complesse, le possibilità molteplici. La scienza lavora con i suoi tempi lenti, ma vorremmo che rispondesse in fretta alla domanda delle domande: che tipo di germe brutto e cattivo, dall’origine imprevedibile e dagli effetti inesorabili, salterà fuori la prossima volta?
Si potrebbe pensare che David Quammen sia stato profetico annunciando che ci sarebbe stata una nuova epidemia, la “Next Big One” come la chiamano gli esperti, ma di fatto la storia dell’umanità è piena di spillover in cui un virus per nulla dannoso per l’ospite animale diventa fatale nella specie umana. E troppe ce ne saranno ancora, ma tutto dipende… Da cosa? Anche dai nostri comportamenti!