Mentre nella Grande Città imperversa un’imprecisata guerra, due gemelli, Lucas e Claus, cercano il modo per restare a galla, adattandosi alla malvagità che li circonda.
La prima volta che ho letto Trilogia della città di K. è stato nel 2006, ben 10 anni fa. Quando l’ho ripreso in mano, sapevo che è un libro di cui mi ero innamorata ma ne avevo un ricordo sfocato, talmente sfocato che perfino la trama – che è contorta e tutt’altro che lineare – a tratti mi sfuggiva di mente.
Non è un libro semplice, questo no. E soprattutto, non è un libro per tutti. È crudo, di una crudezza dura e inclemente: alcuni episodi fanno rivoltare lo stomaco, i personaggi sono di un’umanità feroce e bestiale, e le loro azioni sono riprovevoli.
Certe vite sono più tristi del più triste dei libri.
Il capitolo “Esercizio di irrobustimento dello spirito” è tra le pagine più tristi e angoscianti che mi sia mai capitato di leggere in vita mia! In un mondo fatto di crudeltà e odio, l’unica salvezza è quella di rendersi immuni alle ferite, tanto fisiche quanto emotive.
La vita è fatta così. Tutto si cancella col tempo. I ricordi si attenuano, il dolore diminuisce.
Ogni capitolo smaschera un poco alla volta la finzione che si cela dietro alle apparenze. Ma è solo nella terza parte – a dire il vero, la meno convincente – che si ricompone il mosaico e si ha una visione d’insieme di quanto è realmente successo a questi due gemelli. Ma anche lì i contorni sono sbiaditi e il confine tra sogno e realtà si fa labile.
Ciò che emerge in modo lampante in questo libro è l’incapacità di provare sentimenti, un’apatia che pervade ogni pagina e che accomuna tutti i personaggi.
Mi metto a letto e prima di addormentarmi parlo mentalmente a Lucas, come faccio da molti anni. Quello che gli dico è più o meno la stessa cosa di sempre. Gli dico che se è morto, beato lui, e che vorrei essere al suo posto. Gli dico che gli è toccata la parte migliore e che sono io a dover reggere il fardello più pesante. Gli dico che la vita è di un’inutilità totale, è nonsenso, aberrazione, sofferenza infinita, invenzione di un Non-Dio di una malvagità che supera l’immaginazione.
La vicenda, come ho detto, è drammatica ma è la scrittura a rendere memorabile questo romanzo. Asciutta e tagliente come una lama, non lascia nulla all’immaginazione ma rende palpabile la violenza e la sofferenza di queste vittime della Storia.
Trilogia della città di K. è un romanzo talmente forte che si può amare o odiare, ma non può lasciare indifferenti…