Abby e Travis si conoscono al college e, pur essendo molto diversi, si innamorano. Lei è la tipica ragazza per bene con golfini di cachemire e orecchini di perla; lui un bello e dannato, incline alle risse e ai rapporti da una notte e via. Eppure qualcosa li attira una nelle braccia dell’altro, e la loro storia nasce su fondamenta molto fragili…
Che delusione questo libro di Jamie McGuire! Non che mi ci fosse fiondata con le migliori intenzioni a dire il vero ma, visto il successo che ha riscosso, ero curiosa di sapere cosa leggono i quattordicenni (o forse più le quattordicenni) d’oggi. Visto il target di riferimento, ero consapevole di trovarmi di fronte a un romanzo sì, un po’ adolescenziale, ma non credevo così inconsistente. Uno splendido disastro è davvero un libro senza spessore.
Già dalle prime pagine ci si rende conto che la storia non sta in piedi. È costruita su situazioni forzate: i due protagonisti sembrano non sopportarsi e dopo venti pagine li ritroviamo a vivere sotto lo stesso tetto, nello stesso letto, solo perché hanno fatto una scommessa. Ma vi pare credibile? E pure quando lei sembra aver trovato il ragazzo d’oro (che dopo due soli appuntamenti e qualche bacetto si presenta con un braccialetto di diamanti…), rischia di perderlo perché non può abbandonare il suo migliore amico – “migliore amico”? ma se si sono conosciuti da due settimane appena?
I due protagonisti poi sono insopportabili: Travis deve avere qualche disturbo della personalità dato che, a distanza di poche righe, passa dall’essere odioso, arrogante, violento – e sexy quanto una pianta grassa, a mio avviso – a un totale deficiente, patetico e piagnucolone. Ma è Abby a vincere l’oscar per il personaggio più pesante nella storia della letteratura. Prima fa la santarellina e lo respinge, poi ne è attratta e lo vuole, poi lo respinge di nuovo e – indovinate! – poi lo rivuole. E così via per 334 pagine… Un supplizio!
Quando ci eravamo conosciuti, qualcosa in noi era cambiato; di qualsiasi cosa si trattasse, avevamo bisogno l’uno dell’altra. Per ragioni che mi sfuggivano, io ero la sua eccezione e, per quanto avessi cercato di combattere i miei sentimenti, lui era la mia.
Ma poi vogliamo parlare di America, l’amica del cuore di Abby (che, come poi si scoprirà, vuole salvarla da un passato difficile)? Non si può staccare da Abby neanche per cinque secondi e la costringe a seguirla ovunque come un cagnolino: a casa del fidanzato, che guarda caso divide l’appartamento con Travis; a tutte le feste del campus (e quella che fa per tenersi alla larga dalle provocazioni di quell’insopportabile dongiovanni? ci va praticamente in pigiama, struccata e coi capelli in disordine… bah); ma perfino agli incontri illegali di boxe, no eh. Quella vuole ripulirsi e tu che fai? la porti nel covo delle scommesse d’azzardo? Ma non si fa… È come portare un ex alcolista alla festa di una confraternita e pretendere che resti sobrio!
Potrei andare avanti all’infinito citando le situazioni assurde di questo capolavoro della banalità. Ma la verità è che qualcuna potrei essermela persa visto che di tanto in tanto ho saltato interi paragrafi – sì, lo ammetto, non ce la facevo più.
Mi chiedo: c’è stato un periodo della mia vita in cui avrei potuto trovare quantomeno gradevole un libro così? Onestamente, credo di no, e mi auguro che gli adolescenti non perdano tempo con letture di questo spessore. Ragazzi, c’è di meglio, infinitamente meglio!